Donne e uomini a Madrid in piazza per dire No alla Sap e alla Terapia della Minaccia!

Report del presidiato organizzato dalla Red de Madres Damnificadas por el pretendido SAP ieri, lunedì 31 maggio, di fronte ai Tribunali in Plaza Castilla a Madrid.

L’appuntamento è fissato per le 19, in tante arrivano in anticipo, è la prima volta che scendono in piazza e per l’occasione la maggior parte indossa una maglietta bianca.

Le persone che si uniscono al gruppo iniziale sono molto eterogenee: dalle adolescenti a donne più anziane, c’è anche una buona rappresentanza maschile.

Quando il numero inizia ad aumentare le organizzatrici dispongono dei lumini in circolo di fronte alla sede del Consiglio della Magistratura e partono gli interventi al megafono. Si alternano riflessioni politiche e di informazione su cosa è il fenomeno di criminalizzazione delle madri e i danni dell’applicazione della Sap a racconti di vicende personali. Molte lanciano un appello a tutte le associazioni di donne ad unirsi alla loro protesta ribadendo che la perdita di diritti che l’applicazione della Sap implica non riguarda solo le donne che in questo momento hanno perso la custodia dei loro figli e sono sotto processo ma tutte quante, perchè questa è solo una delle tante forme con cui il neomaschilismo si manifesta.

L’appello di partecipazione è rivolto anche alle singole persone presenti per coinvolgere amiche, conoscenti e parenti perchè tutte e tutti siamo coinvolti e non dobbiamo delegare la risoluzione di problematiche che affettano nel profondo la vita delle persone. E’ ribadito che lo stesso appello è rivolto ancha agli uomini e ai padri, perchè le madri vogliono che i padri si prendano cura dei figli, che li crescano con amore e rispetto e creino relazioni altrettanto piene di affetto e rispetto con le loro compagne, perchè la violenza a cui i figli assistono nelle case si ripercuote su di loro, ne sono altrettanto danneggiati: si chiama violenza assistita. Tutte avrebbero voluto compartire il lavoro di crescita e di cura e non scoprire con amarezza che questo interesse emerge solo nel momento della separazione.

Le storie raccontate sono storie di resistenza, toccanti, senza pietismi. Molte donne hanno avuto il coraggio di prendere in mano un megafono, mostrarsi pubblicamente e condividere esperienze che hanno travolto profondamente le loro vite. Tra le tante, ne raccontiamo una sola, perché i moltelici piccoli dettagli che le distinguono, e che chi le racconta tiene sempre tantissimo a sottolineare, nascondono una trama comune che è evidente. Una madre ha deciso di separarsi dal marito violento e di denunciarlo. La figlia ha testimoniato con lucidità le scene di violenza alle quali è stata costretta ad assistere. Una lucidità che -sostiene il padre e con lui il giudice- non può provenire spontaneamente da una bambina tanto piccola. La madre è stata accusata di aver “plagiato” la figlia, di averla convinta di aver visto cose che non sono mai successe. Il padre ha ottenuto la custodia della bambina, purché restasse a Madrid. Lui l’ha portata a vivere con sé all’estero. Il giudice non ha intenzione di prendere provvedimenti al riguardo. La bambina, stupita e disperata ha raccontato alla madre che le hanno detto che le cose che ha raccontato non sono successe davvero, che è stata lei a convincerla ripetendogliele all’infinito. Che i suoi ricordi e le sue paure sono solo una allucinazione.

Domanda la madre, prima di finire il suo racconto: cosa deve fare un uomo perché gli venga tolto l’affidamento? Se commettere violenze, violare disposizioni giudiziali, tentare di uccidere la moglie e in alcuni casi purtroppo con successo, se tutto questo non basta, perché per una donna è sufficiente che venga messa in dubbio la denuncia di queste stesse stesse violenze subite, assieme alla parola dei suoi figli, perché gli vengano allontanati? Chi è il soggetto da difendere, chi è il soggetto che la PAS vuole difendere? Come ci si può difendere da una accusa che non deve dimostrare nulla, ma che invece interpreta ogni tentativo di difesa come una conferma della “programmaticità” della madre? Lasciare alla difesa il compito di provare la non esistenza della accusa è il marchio riconoscibile del sopruso e va molto di moda negli ordinamenti totalitari.

La realtà è che, quando a denunciare è una donna, che sia per violenza domestica, molestie sul luogo di lavoro o stupro, è lei a finire sul banco degli imputati, a dover dimostrare di non esserselo inventato o ancor peggio meritato (come se questo giustificasse la violenza).

La giornata si conclude con l’invito a tornare in piazza ogni ultimo lunedì del mese per continuare a lottare, sempre più numeros* e consapevoli.

Compañer@s un abrazo! la lucha sigue y junt@s lo conseguiremos!

fonte: http://femminismo-a-sud.noblogs.org

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