E’ ormai certo che, la Commissione Giustizia del Senato, si troverà presto a discutere la proposta DDL n°957/2008, che chiede di apportare delle modifiche alla Legge 8 febbraio 2006, la legge sull’affido condiviso, perché sia reso sempre più chiaro il concetto di bigenitorialità.
E’ ormai da qualche tempo molti giuristi ed avvocati hanno evidenziato i gravi effetti provocati dalla legge che, pensando di tutelare il minore nelle cause di separazioni conflittuali, va invece a peggiorarne la situazione, rendendo il minore un pacco postale da condividere in parti uguali tra i genitori.
E’ ormai da tempo che si chiede di rivedere la legge, che tende ad eliminare l’affido esclusivo dei figli ad un genitore (in genere la madre), in favore dell’affido condiviso ad entrambi, perchè tale legge, così accattivante nella teoria, rende la vita quotidiana di chi la subisce, più complicata di quello che potrebbe essere.
Qualsiasi decisione riguardo al minore, anche la più piccola deve essere condivisa: l’iscrizione ad un asilo piuttosto che ad un altro, l’iscrizione ad un determinato sport o meno, la possibilità di seguire le funzioni religiose o meno, il catechismo, le gite, la passeggiata per prendere un gelato…
Qualsiasi decisione…fra poco anche quella se respirare o meno.
Mentre si cerca l’accordo su ogni pelo, chiedendo l’intervento del giudice competente di volta in volta, il minore non ha di certo vita facile.
Egli è inoltre costretto a seguire un programma ben dettagliato, in cui si deve dividere in parti e tempi uguali tra i due genitori.
Non sia mai che passi più ore con la madre piuttosto che con il padre…non è giusto.
Parti uguali: così il minore seguirà il bel programmino preconfezionato: tre giorni da papà, tre giorni da mammà, due camere, due guardaroba, due tutto…fino alla maggiore età….
In questo clima di richiesta di revisione della legge sull’affido condiviso, giunge in linea diametralmente opposta la proposta di legge di cui sopra, che invece vuole ancora di più puntualizzare il principio della bigenitorialità, rendendo molto difficile l’esercizio di quei giudici, che molto spesso usano il sano buon senso nell’applicare le leggi, cercando di ridurre al minimo i danni per i minori coinvolti e che, se questa proposta dovesse passare, si troverebbero con le mani legate, senza più possibilità di operare con criterio, caso per caso.
Ma il punto più grave e controverso è sicuramente il riferimento alla Pas, la sindrome di alienazione parentale, che viene presentata dai promotori della proposta di legge, come una sindrome ampiamente riconosciuta e documentata dal mondo e dalla letteratura scientifica.
Una malattia, quindi, acclarata ed accertata nel minore, che soffre di un grave condizionamento da parte del genitore alienante (in genere la madre), che lo conduce a rifiutare o addirittura denunciare di abusi il genitore alienato (di solito il padre).
La proposta di legge, di fronte alla presentazione ben confezionata della sindrome, propone come soluzione la negazione dell’esercizio della potestà al genitore condizionante.
In pratica dunque, qualora si verificasse la condizione (e purtroppo si verifica spesso) in cui un minore non volesse accettare il programma di incontri, stilato dal tribunale, con uno dei due genitori, adducendo motivazioni anche gravissime, qualora venisse accertato in sede periziale che il suo rifiuto fosse effetto della sindrome di Pas (e ormai accade spesso che venga diagnosticata), il minore verrà allontanato dal genitore condizionante, a cui verrà pure tolta la potestà.
L’articolo 9 della proposta di legge, infatti, afferma chiaramente il principio di esclusione dall’affido, del genitore di cui fosse accertato il condizionamento sul minore che, affetto da sindrome di Pas, rifiuta gli incontri con l’altro genitore.
La proposta DDl 957/2008, dunque, fa assurgere una “decisione” medica sulla Pas ad elemento determinante nella decisione di escludere l’affido al genitore condizionante, limitando di fatto nel Giudice ,l’esercizio del potere discrezionale.
Semplificando ulteriormente, qualora un minore si trovasse per sua disgrazia ad avere un genitore violento ed abusante, se ne parlasse e lo denunciasse, verrebbe accusato di essere stato indotto all’odio dall’altro genitore e verrebbe accusato di non dire la verità. Con la condanna ad essere allontanato dal genitore di cui lui si fida.
Troppo, veramente troppo per una sindrome che non esiste assolutamente, come si comincia da più parti ad affermare con cognizione di causa e con una chiarezza tale, da non riuscire a convincere solo chi ha delle forti prevenzioni ideologiche.
Cominciano anche in Italia, a fronte di inconsistenti e poco credibili pareri favorevoli riguardo la Pas (pareri che purtroppo imperversano ed impazzano in corsi di aggiornamento per avvocati, giuristi, assistenti sociali, etc.), ad uscire articoli e studi seri che rigettano con forza tale assurda teoria del prof. Gardner .
Pochi giorni fa, il 29 agosto 2010, è uscito un articolo, che sta percorrendo il filo di fsb, speriamo a gran velocità e con frutti positivi, di uno psichiatra italiano, Andrea Mazzeo, che si è trovato a dover studiare in maniera approfondita la sindrome di Pas, per poter ben operare nel suo lavoro di consulente di parte nelle cause minorili.
E il suo convincimento sull’assoluta carenza di dati oggettivi che dimostrino l’attendibilità scientifica della Pas, la sua perplessità su quanto sta accadendo in Italia nelle aule dei Tribunali dei Minori, la sua preoccupazione a tal riguardo, sono ben espressi nel suo articolo:
“UN ORCO SI AGGIRA PER IL TRIBUNALE DEI MINORENNI:la sindrome di alienazione parentale”.