Prologo al libro “El Pretendido Síndrome de Alienación Parental”

Pubblichiamo la traduzione del prologo al libro “El Pretendido Síndrome de Alienación Parental” scritta da Miguel Lorente Acosta, uno dei maggiori specialisti sulla violenza di genere in ambito internazionale. Ha lavorato per anni con associazioni di donne con una analisi e un punto di vista femminista. E’ medico forense e professore associato di Medicina Legale nell’Università di Granada. Tra i suoi lavori le pubblicazioni di: la “Síndrome de agresión a la mujer” (Sindrome della aggressione alla donna), “Agresión a la mujer: maltrato, violencia y acoso”(Aggressione alla donna: maltrattamento, violenza e abuso), “Mi marido me pega lo normal” (Mio marito mi picchia il normale) o “El rompecabezas. Anatomía del maltratador” (Il rompicapo, Anatomia del maltrattante). Attualmente è l’incaricato del governo spagnolo per la violenza di genere.

Buona lettura

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Quando “SAP” sembrava un suono onomatopeico invece della parole che nasconde qualcosa di più di un nuovo significato con il quale presentare in maniera rinnovata e adattata alle circostanze attuali l’idea della perversità delle donne, Consuelo Barea e Sonia Vaccaro, come fossero metereologhe del tempo sociale, già stavano annunciando la tormenta che si avvicinava.

Una tormenta che a differenza di quelle che si creano in natura non si spostò da est a ovest, ma venne sospinta dai venti degli uragani dei movimenti contrari all’uguaglianza nati negli Stati Uniti, venti frutto di una mente inquieta come fu quella di Gardner, e che stavano guadagnando una intensità maggiore per il suo viaggio.
Tuttavia la tormenta non diminuì la sua forza quando toccò terra, al contrario. Fu a terra dove le voci di altri soffiarono a favore dei venti per aumentare la portata critica del suo messaggio e dove iniziò a scaricare con forza una pioggia acida che inquinò di proposte patriarcali, con l’intento di chiudere con il riferimento all’uguaglianza e provare a far sparire dalle donne l’immagine di “buone madri” e presentarle con questa tunica di perversità con la quale vestirono la Eva nuda del paradiso.

La “SAP” è un neo-mito, una costruzione specifica applicata ai conflitti che sorgono tra i figli, i padri e le madri durante la separazione, atto a spiegare gli eventi in maniera coerente con ciò che è stata la posizione storica del patriarcato e i ruoli attribuiti ad ognuno dei genitori.

Neo-mito che,
come tale, parte dal nucleo primordiale dei miti esistenti sugli uomini e sulle donne, e utilizza alcuni dei suoi elementi per elaborare altro che sia adattato al nuovo contesto in maniera che non appaia che si stia facendo una rivendicazione dei privilegi del padre, ma una difesa della cosa più giusta.
Per raggiungere questo obiettivo viene rivestito di tre elementi essenziali, che evitano il rifiuto dato dal disprezzo, che potremmo interpretare come la capacità di superare l’ostacolo delle mura che circondano la scena sociale, e una volta dentro liberare tutta la sua carica ideologica tra gli individui che lo osservano. Questi tre elementi fondamentali sono la neutralità, lo scientismo e l’obiettivo volto all’interesse comune.

L’apparente neutralità si riflette nella sua definizione, che non stabilisce nel padre o nel madre la responsabilità dell’alterazione dei minori, potendo essere sia dell’uno che dell’altra. Lo scientismo è dato dalla sua presentazione sotto forma di teoria o conclusione scientifica, non si tratta di una argomentazione ideologica ne di una strategia indirizzata ad utilizzare altre categorie diagnostiche per esplicare i sintomi osservati, ma è la propria concettualizzazione della “SAP” che spiega tutto il processo come una conseguenza obiettiva di una serie di fatti che rientrano da un punto di vista scientifico in quello che è una sindrome. E il terzo fattore che le da credibilità e forza è l’interesse comune. La “SAP” si diagnostica in seno ad un conflitto per la separazione di una coppia nella quale i figli adottano una posizione a favore di uno dei due, solitamente la madre e in opposizione al padre, e mentre le posizioni tradizionali hanno insistito sulla importanza della donna nel suo ruolo di madre, con la “SAP” e la sua teorica neutralità si cerca “il meglio per i figli e le figlie”, nonostante bisognerebbe porre in questione la funzione di madre. Questo porterà ad una soluzione che non parta da “pregiudizi” in favore della madre per beneficiare i minori, un modo per raggiungere una soluzione definitiva del conflitto, e su questa base ripensare le misure e le relazioni in queste nuove circostanze.

A partire dalla prima definizione data da Richard Gardner nel 1985, ne sono seguite molte altre che insistono sui due elementi fondamentali dell’idea, da una parte la condotta manipolatrice del genitore e dall’altra il risultato sintomatologico nel minore alienato. Lo stesso Gardner, anche dopo aver accolto questo duplice approccio, insisteva sul fatto che la diagnosi di
“SAP” deve essere basata sul quadro che presenta il bambino o la bambina, non sulla condotta del padre e della madre, il cui atteggiamento o il grado di manipolazione restavano in secondo piano rispetto alla sintomatologia del minore, posizione che contrasta con la sua concettualizzazione e, soprattutto, con il contesto nella quale fu definita; non dobbiamo dimenticare che si fece all’interno delle controversie giudiziarie nelle separazioni e nei divorzi.

Questa ambivalenza
rivela una certa artificialità nella sua elaborazione nel momento in cui si integrano all’interno di uno stesso concetto la causa e l’effetto, di modo che la relazione tra l’una e l’altro è espressa in forma lineare e le rende molto vicine. In questo modo l’evidenza dell’oggettività del quadro rende molto difficile che, a partire dell’elemento che concettualmente appare unito, possano ammettersi altri fattori e circostanze eziologiche associate a questo risultato osservato.
Questa posizione chiusa che prova a ridurre i fattori causali e orientare il significato verso un atteggiamento in armonia con le idee e i valori predominanti nel contesto socio-culturale dove nascono, in modo che si stabilisca una relazione lineare, superficiale e diretta tra la causa e la sua manifestazione, si riscontra in altre definizioni fornite o in altre sindromi correlate e descritte con lo stesso stampo culturale, come è successo nel 1994 con la cosiddetta Sindrome della Madre Maligna associata al Divorzio descritto da Turkat, nel cui caso, sottolineando con enfasi le circostanze in cui si verifica, è sorprendente il collegamento esclusivo alla madre.

L’analisi delle posizioni che difendono la “SAP” come categoria diagnostica mostra in realtà una situazione molto diversa. Dalla sua definizione, nella quale si integrano distinti elementi in forma quanto meno forzata e se ne lasciano fuori altri, fino alle spiegazioni che sono state fatte nell’intento di chiarire l’interpretazione complessa e il difficile significato che le accompagna, è stata rivelata, da un presunto punto di vista neutrale e scientifico, una situazione che evidenziava la reazione di molte madri di fronte alla preoccupazione delle conseguenze del divorzio sui figli, circostanza che invece di essere intesa come tale e spiegata alla luce di tutti i riferimenti culturali presenti, è stata dislocata da questo contesto intimo o vicino, per essere utilizzata in un contesto sociale nel quale i miti sulla perversità e la malizia delle donne forniscono una interpretazione ad una serie di atteggiamenti e strategie dirette a beneficiare le madri ed attaccare gli uomini, idea che culmina con la definizione della citata Sindrome della Madre Maliziosa associata al Divorzio.

La situazione ricorda molto la violenza di genere, e in fondo non ne è così lontana, dal momento che entrambe nascono dal confronto con i valori dell’uguaglianza. In entrambe le situazioni si tratta di nascondere il conflitto dietro alcune sue manifestazioni, si prende la parte per il tutto e si pensa che un piccolo frammento della stessa possa occultare dietro di se tutto il resto, forse per rivivere quei momenti nei quali la negazione si confondeva con la invisibilità che ora si sta cercando.
Si prendono esempi di donne aggressore, di uomini maltrattati o di madri che hanno manipolato i figli contro i padri, e si presentano come il tutto, come una realtà di simile dimensione e significato alla situazione contraria con la donna maltrattata e i figli che manifestano una maggiore vicinanza alla persona che gli ha dato affetto e cure. Nessuno nega che ci siano donne maltrattanti ne cattive madri che persuadano i figli contro i padri, però il problema che esiste nella nostra società, sostenuto dai valori della cultura patriarcale, non è il caso isolato della manipolazione, che come tale deve essere affrontato, ma che persistono i fattori e le circostanze che difendono la disuguaglianza come ordine naturale tradotto nella interpretazione di ruoli differenti da parte degli uomini e delle donne, tra i quali la funzione di padri e di madri appaiono chiaramente differenziate, indipendentemente dal fatto che si vadano trasformando e che la trasformazione sperata negli uomini si stia producendo nei termini e nel senso storico che è stato programmato dal femminismo in nome dell’uguaglianza. Questa situazione, invece di essere interpretata in modo positivo e con la speranza del cambio, di nuovo è presa come una posizione di forza per rivendicare determinate misure e conseguenze, come se quello che fosse cambiato in realtà fosse il contesto socio-culturale e non alcune sue posizioni interne.

Il problema esiste e nella realtà complessa avrà molteplici manifestazioni, però provare a ridurle tutte ad una condotta interessata delle donne o cercare di risolvere altri problemi derivanti dalla separazione ricorrendo ad astuzie come la “SAP”, non smette di essere una costruzione per nascondere e occultare una realtà che deve essere invisibilizzata per poi negarla, come è successo tradizionalmente con la violenza di genere.
Quando si prova a risolvere un problema con un altro problema, alla fine si hanno due problemi, non nessuno. Il contesto attuale non solo è formato dai valori e dai sentimenti derivati dalla struttura patriarcale e dai ruoli che ha assegnato, anche la conoscenza critica e le idee del pensiero femminista sono presenti per porre in evidenza questa strategia e mostrare la realtà con tutte le sue manifestazioni.

È tutta questa costruzione che mette in evidenza la realtà che mira ad affrontare, non tanto come descrizione ma come riferimento strumentale al servizio delle posizioni tradizionali, un nuovo esercizio che potremmo chiamare “sapping” in un doppio senso; da un lato,come descrizione della situazione in cui si passa da un tema all’altro, da un argomento ad un altro differente per mantenere la società seduta e passiva di fronte ai riferimenti storici culturali, e dall’altro, come forma di esercitarsi nello strumento della “SAP”, una sorta di “io pratico la SAP”, “io faccio sapping” per contrastare gli avanzamenti conseguiti in nome dell’uguaglianza. Cattivi elementi per la salute della società, sia nella sedentarietà del primo sia nei rischi del secondo, poiché entrambi pregiudicano il benessere e attaccano le costanti vitali della parità, ogni volta più presenti e ogni giorno più vitali per la convivenza in pace, da qui l’importanza di appoggiarsi ad un libro come quello scritto da Consuelo Barea e Sonia Vaccaro, nel quale la diagnosi è certa e la ricetta per porre una soluzione ai problemi è fornita in forma magistrale.

Miguel Lorente Acosta

 

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